18 gennaio 2011

Velluto rosso! Red Velvet cake

C'è qualcuno che ricorda la sanguinolenta torta-armadillo del film "Fiori d'acciao?"
Ebbene si io... l'ho mangiata!

Molti anni fa ho passato un po' di tempo in Texas, con la complicità di una borsa di studio. Una sera mi ritrovai a cenare in un "Outback", una catena di ristorazione australiana. Non so proprio quanto cibo fosse tipicamente australiano ma ricordo benissimo che mangiai una deliziosa cipolla fritta a forma di crisantemo, una bistecca fantastica e poi... LEI! 
Una fetta di una torta rossa, ma che più rossa non si può, farcita con una crema che si scioglieva letteralmente in bocca, che ti faceva dimenticare all'istante le decine di milioni di calorie che avrebbe sprigionato una volta all'interno dell'organismo e che sapeva saturare con delicatezza tutti (ma proprio tutti) i recettori per oppiacei ed endorfine del mio cervello, lasciando un diffuso senso di pace e beatitudine...
Giuro, non si trattava di uno di quei dolci preparati con le foglioline a cinque punte... e giuro che non sono neanche particolarmente golosa di dolci!

Sono molte le specialità della cucina Tex-Mex e di quella americana che porto nel cuore ma avevo completamente dimenticato la red velvet cake, mi è tornata in mente un paio di mesi fa, quando ho iniziato a menifestare questa folle mania per i dolci. Ho iniziato a documentarmi ed ho scoperto che è un dolce attorno al quale aleggiano parecchie leggende.
Sono un disastro, quando navigo in rete dimentico puntualmente di prendere appunti e dunque cercherò di riassumere quello che ho letto e che ricordo.
La red velvet cake sembra essere un dolce abbastanza antico, veniva sicuramente servita al Waldorf-Astoria di New York intorno al 1920. Proprio qui è ambientata la prima leggenda: si narra che una signora, deliziata dal dolce, ne avesse chiesto la ricetta e si fosse vista recapitare un conto a due zeri (per l'epoca doveva essere un'enormità!). 
Incazzata nera, la gentildonna aveva diffuso la ricetta inviandola per posta, con una catena di Sant'Antonio. Mi è capitato di leggere varie volte, a proposito di ricette di dolci americani, questa storia della catena di Sant'Antonio e mi sono fatta l'idea che non ci sia molta verità...
Gli stati del Sud rivendicano la paternità della ricetta, così come quelli del Nord...
Il suo colore rosso pare sia dovuto ad una reazione chimica che avverrebbe tra le antocianine di cui è ricco il cacao non trattato e il buttermilk. Le antocianine, in ambiente acido, virano al rosso. Anche questa sembrerebbe una leggenda, difatti il color rosso delle antocianine acidificate dovrebbe scomparire con la cottura. In qualsiasi caso il cacao che normalmente si compra in negozio è quasi sempre trattato secondo il metodo olandese ed ha pH alcalino, quindi... addio alla reazione chimica e al colore rosso!!!
 Ora, poichè la voglia di giocare al piccolo chimico era minore di quella di giocare al piccolo pasticciere , ho preferito ritornare con i piedi per terra e cercare una ricetta che, a pelle, mi sembrasse fattibile...

Quella che ho provato viene da qui e questa è la traduzione
Ingredienti:
Base
250 grammi di farina
1/2 cucchiaino di te di sale
2 cucchiai di cacao in polvere
113 grammi di burro a temperatura ambiente
300 grammi di zucchero
2 uova grandi
1 bustina di vaniglia
240 ml di buttermilk
2 cucchiai di colorante rosso liquido
1 cucchiaino di aceto
1 cucchiaino di bicarbonato
Farcitura
1 confezione di Philadelphia o simili
250 gr di mascarpone
1 bustina di vaniglia
115 grammi di zucchero a velo
360 ml di panna
Procedimento. L'ho solo lievemente riadattato, in qualsiasi caso, per il procedimento duro e puro, sbirciate l'originale (dove si può vedere anche molto bene il colore della torta!)
In una terrina mescolare farina, sale e cacao.
In un’altra terrina, lavorare il burro con le fruste, aggiungere lo zucchero e continuare a sbattere per bene. Aggiungere un uovo intero, sempre sbattendo bene e quando è stato bene incorporato, aggiungere il secondo uovo. Aggiungere la bustina di vaniglia.
Buttermilk. Letteralmente: latticello.
Per una napoletana come me il latticello è uno ed uno solo: QUELLO DELLA MOZZARELLA! Per fare qualcosa che somigli molto al buttermilk, basta aggiungere il succo di mezzo limone ad un quarto di latte intero e ... aspetttare! (a me è bastato un quarto d'ora) Non c'è da avere paura! Dopo un poco il composto diventa denso come panna e... per niente schifoso!
Unire al buttermilk i due cucchiai di colorante rosso.
A questo punto bisogna unire tutti gli ingredienti, usando le fruste a minima velocità, versando nel composto burro-zucchero-uova il mix con la farina e il buttermilk colorato, alternandoli (farina, buttermilk, farina buttermilk, farina).
In una bella tazza, combinare aceto e bicarbonato. Farli “frizzare” per bene e aggiungerli velocemente al composto.
La prima volta che ho fatto la red velvet, l'idea di usare l'aceto in una torta mi faceva orrore e quindi ho sostituito con ½ bustina di lievito per dolci. La seconda volta mi sentivo più strega e ho osato preparare la pozione... funziona!
Ho imburrato e infarinato una teglia da 23 cm, dal bordo bello alto, e ho infornato il tutto a 175° per 25-30 min, come riporta la ricetta...
DELUSIONE! La mia torta non è affatto rossa, ma di un bel color bordeaux. E il piccolo chimico? E le antocianine? Non ne ho idea, ma la base è bella alta e soffice, che me frega?
Far raffreddare, incartocciare nella pellicola trasparente e tenere una notte in frigo, altrimenti si taglia male!

Farcitura.
Sbattere il Philadelphia con il mascarpone, fino ad ottenere una bella crema vellutata.
A parte, montare la panna. Io ho usato 400 ml di panna di origine animale, con un pizzico di cremor di tartaro e ho aggiunto qui lo zucchero, semolato e non a velo.
Incorporare la panna montata al mix di philadelphia e mascarpone, delicatamente.
Utilizzare per farcire due strati e ricoprire la torta integralmente.
Io, per ricoprirla, ho usato anche la pasta di zucchero, ma questa poi è un'altra storia...







Suvvia, non sarà rosso fuoco ma comunque ha un colore interessante...










P.S. Pensavo che fosse più facile postare una ricetta: cosa ho dimenticato? Sono stata abbastanza chiara? Ho interpretato bene il testo inglese o mi sono lasciata andare alle mie solite estrapolazioni? 
E in più ho perso completamente il controllo del template del blog, praticamente decide quasi da solo che tipo di font usare e di quale grandezza! Per aggiustare il tutto, guazzo nell'HTML e non mi sento affatto a mio agio...
Alla prossima...

14 gennaio 2011

...in fila per 6 col resto di 2!

Ieri è stato il mio compleanno.
A me questa data piace molto e, nonostante all'epoca il 13 gennaio cadesse di venerdì, non mi è mai venuto in mente di poter essere sfigata... Tra l'altro qui a Napoli è il venerdì 17 che porta jella, quindi mi considero salva e nata in un giorno dal numero allegro!
Avere il compleanno proprio dopo le feste di Natale, comunque, non è una cosa molto conveniente: le tredicesime sono state abbondantemente sperperate, lo stipendio del 27 dicembre è quasi finito e quello del 27 gennaio è troppo lontano, l'assalto ai SALDI (che iniziano sempre prima) ha lasciato nei negozi solo gli articoli più brutti, le taglie 40 (che mai mi è entrata, sigh) e quelle dal 50 in su (che, grazie a Dio, mi vanno troppo grandi)...
Mettiamo pure che dopo le grandi abbuffate natalizie la voglia di preparare e consumare manicaretti è abbondantemente scemata mentre tutti sono fisicamente provati e rincoglioniti dalla prima, piena, settimana lavorativa!!!
Così ho festeggiato molto sobriamente, in famiglia.
Ma se avessi avuto tempo, energia, lucidità e soprattutto la capacità, mi sarebbe piaciuto spegnere le candeline su una torta così:


una red velvet con due ricchi strati di crema al mascarpone, una semplice copertura di pasta di zucchero e... gatti a profusione!
Per il momento mi sono divertita a disegnarla, non sono in grado di modellare neanche un fiocco decente con la pasta di zucchero, figuramoci tutti questi mici!
Però sarebbe stata quantomai azzeccata: chi avrà la pazienza di contare gli scatenati felini scoprirà quanti anni ho compiuto...
:))))

9 gennaio 2011

Amarene e cioccolato

I miei parenti stretti si contano sulla punta delle dita di una mano ma quelli acquisiti sono davvero una vagonata... forse un intero treno!
Le feste di Natale sono forse l'unica occasione per incontrarsi e si tramutano in una piacevole e folle tournée mangereccia che inizia il 24 e finisce alla Befana, con poche soste di digiuno purificatore.
E' impensabile sottrarsi al rito ed anche immaginare di comprare un regalino ad ognuno dei numerosi cognati e degli innumerevoli nipoti e così, per evitare che l'anno nuovo inizi con una preoccupante cifra rossa sull'estratto conto, si finisce sempre per portare un omaggio simbolico e cumulativo...
A casa di una delle mie cognate avevo assaggiato dei cioccolattini deliziosi, una semplice amarena ricoperta di cioccolato...
Volevo essere saggia, non mi sentivo affatto pronta per esportare i miei esperimenti a casa di qualcun altro ma le amarene erano troppo tentatrici...
Quatta quatta mi sono infilata nel negozio di carta e sacchetti sotto casa mia, è piccolissimo ed in passato lo avevo notato solo per i nastri e le scatole, invece, ad un esame più approfondito, si è rivelato una vera miniera di prodotti, un guaio vero e proprio per una, come me, che sta scivolando nella maniacalità dolciaria.

"Per caso avete amarene?"
"Amarene? Signo', io non tengo amarene, tengo dei babbbà! Venite, venite qua!"
L'anziano proprietario del negozio mi porta nel retrobottega, prende un grosso contenitore da un armadio e lo apre. Il profumo di amarene ci avvolge all'istante.
"Assaggiate, faciteme 'sta cortesia! So' nu' zucchero! Nun tengono niente 'a vede' con quelle commerciali... capite a mme!" e mi porge una mestolata di amarene da assaggiare.
Yummm, buone davvero! Mi guarda soddisfatto.
"Ne vorrei 400 grammi"
"Signo' facimmo miezo chilo e nun se ne parla più!"

Torno a casa con il bottino e mi metto all'opera.
 Non deve essere difficilissimo, basta temperare il cioccolato, rotolarci dentro le amarene e far solidificare... basta poco, che ce vo'? E' quel piccolo particolare di temperare il cioccolato che mi mette lievemente in ansia e così inizio a raccogliere informazioni in giro...
C'è chi dice di sciogliere con attenzione il cioccolato nel microonde ma non mi fido per niente: sarà che una volta l'ho fatto con poca attenzione, carbonizzando parte del cioccolato ed appestando il microonde...
Bagnomaria, bagnomaria ad oltranza!
Mi faccio l'idea che uno dei segreti per temperare il cioccolato stia nel rispettare le temperature di scioglimento e qui mi si pone davanti un ostacolo non indifferente: il termometro!
Ne ho uno per lo zucchero ma parte da 40°, qui parliamo di 28-35°C... Fidarmi del mio senso del tatto (come consigliano altri) neanche è pensabile: la mia epidermide è geneticamente modificata ed ingloba piccole molecole di amianto.

Che fare?
Scendere dal gentilissimo signore della carta e comprare quel termometro elettronico che ho adocchiato, per la modica cifra di 42 euro? Non se ne parla neanche!

Ho un'idea quasi geniale: il mio termometro per lo zucchero è inserito in una piastra di rame, basterà misurare la distanza in centimetri che copre l'intervallo dei 10°C e praticare delle piccole incisioni sul rame con una punta di metallo... C'è abbastanza spazio tra il bulbo del termometro e l'inizio della scala per farlo... Non mi ferma neanche il fatto di scoprire che 10°C equivalgono a 5,25 mm... fare delle tacche con questi intervalli è un casino! Comunque, grosso modo, incido la placca e mi lancio nell'avventura del temperaggio:
metto il cioccolato a bagnomaria e lo porto a circa 35°C, mescolo diligentemente e spengo la fiamma ma il cioccolato non collabora per niente e mi balza a 45° come se niente fosse!
Inorridita, allontano il pentolino dal bagnomaria, verso circa 2/3 del cioccolato fuso in un piatto di ceramica (eheheh, anche il marmo mi manca) e inizio a lavorarlo pazientemente con la spatola... dopo pochi minuti la temperatura è precipitata di quasi 20°!

"Caspita, che strabilianti proprietà ha il cioccolato" penso.
Guardo meglio e mi accorgo che una camicia di cioccolato solidificato circonda il bulbo del termometro, isolandolo da quello spatolato! Bestemmiando in aramaico cerco di rimuovere il cioccolato solido, la piastra di rame non aiuta: ci sarà un valido motivo per cui esiste un termometro per lo zucchero ed un per il cioccolato, no?
Arriva il momento di tuffare le amarene, precedentemente adagiate su un foglio di carta assorbente per eliminare lo sciroppo, mi aiuto con un cucchiaino e le deposito su un foglio di carta-forno...


Mi piacciono quei filini di cioccolato che vanno dappertutto, forse non saranno eleganti ma mi piacciono assai!
Certo che mezzo chilo di amarene non sono poche, devo essere svelta, prima che questo maledetto cioccolato solidifichi del tutto!


Non posso lamentarmi anche se i cioccolattini hanno perso la lucentezza iniziale... si vede che devo temperare, temperare e temperare per riuscire a far meglio!


Eccoli qua, confezionati in una bella scatola e pronti per le fauci dei miei nipotini!

4 gennaio 2011

Iniziamo?

(Gaia e la sfida dello zucchero)

E' iniziato tutto un paio di mesi fa, quando ho visto la foto di una torta da battesimo: bella, liscissima, bianca, sulla sommità un porte-enfant e due scarpette deliziose...
"Chissà se sono capace di rifarla uguale..."
Ahi ahi ahi, non lo avessi mai pensato!
Premetto: non me la cavo male con i fornelli. Gli amici raramente rifiutano un invito a cena e non lasciano quasi mai qualcosa nel piatto, anche perché divido rigorosamente i miei tentativi in due categorie:
  • sperimentazione selvaggia: riservata quasi esclusivamente ad una grossa, pazientissima cavia a forma di marito
  • protocolli osservazionali: che vengono messi in atto solo quando la sperimentazione selvaggia ha avuto esito positivo, la cavia-marito è sopravvissuta e, come l'Uomo del Monte, ha detto sì!
Insomma, sono capace di fare un dolce decente che non avveleni i commensali. Sarei mai stata in grado di preparare una torta come quella, che sembrava rivestita da una dolce coperta di  Fimo commestibile?
Così sono precipitata a capofitto nel fantastico mondo dello zucchero. Ho iniziato a documentarmi, il mio mestiere è la ricerca e mi piace studiare, e dopo aver raccolto un bel po' di informazioni sono passata all'azione...
Dire che ho ritrovato residui di pasta di zucchero anche sotto al letto sarebbe poco e lo zucchero a velo... Dio mio, lo zucchero a velo ci ha fatto compagnia per almeno tre giorni, levigando insistentemente il pavimento come la migliore delle cere e costringendoci a pattinare piuttosto che a camminare!
Per niente soddisfatta del risultato (anche se la torta è stata letteralmente spazzolata via), ho continuato a leggere in giro per la rete e a studiare (che è la cosa che mi riesce meglio), mi sono imbattuta in luoghi fantastici, pieni di ricette difficilissime e foto incredibili... come non cogliere questa sfida zuccherata?
Solo all'idea di un nuovo campo in cui sperimentare mi viene il solletico alle mani!
E via, dunque! Come in ogni ricerca che si rispetti davvero, non so quale sarà il risultato né quando arriverà... se arriverà!  E come diario degli esperimenti un tuorlo incantato, dove scrivere, annotare e  raccogliere non solo i tentativi ma, soprattutto, il divertimento!
A presto...