21 febbraio 2013

Tortillas de maìz caseras


San Antonio, Texas, decima città degli Stati Uniti a 200 km dalla frontiera messicana, è un posto che con l'idea dell'America di sex and the City non ci azzecca proprio niente.

Quando vi approdai, esattamente diciassette anni fa, portavo nella mia valigia da emigrante una moka, due pacchetti di caffé e due pezzi di Parmigiano Reggiano sottovuoto.
Ora non vorrei sembrare mia nonna, ma diciassette anni fa le cose erano davvero diverse: le informazioni non viaggiavano così copiosamente e velocemente sull'internet, la casella di email si otteneva in abbonamento (qualcuno si ricorda le xxx@mbox.vol.it?) ed eravamo in balia dei fax. I cellulari GSM erano neonati e sms, voip e banda larga erano impensabili. Si usava il telefono pubblico e i numeri si cercavano sugli elenchi.
Il cibo degli Stati Uniti, a quei tempi, era circondato da un alone di leggende metropolitane e informazioni tendenziose, tipo l'amica che giura di essere sopravvissuta mangiando per 15 giorni solo burro di noccioline o ristoranti che mettono la pasta ad ammollare in acqua il giorno prima di servirla.
Con le mie scorte in valigia mi assicuravo una tazza di caffè e un sapore assolutamente italiano per tutto il tempo necessario all'organizzazione iniziale.
Già,  una tazzina di caffé... non avevo portato con me le tazzine, ma questa è un'altra storia...

San Antonio non somiglia alle grandi città dei film, non sta nel deserto o tra i canyon  tipo Ombre Rosse, intorno non ci sono distese di campi o case coloniali come in  Via col vento. Non ha un downtown futuristico alla Seattle e non ci sono pozzi di petrolio a perdita d'occhio o mandrie di vacche e cavalli selvaggi che galoppano come nella serie televisiva "Dallas". In ultimo, il suo skyline non ha niente a che vedere con quello mozzafiato di New York (qualche grattacielo e la Tower of Americans che è tutta un programma)

Però ci sono i messicani.

A San Antonio i messicani vivono  da generazioni (mancano invece gli italiani e gli afroamericani) e del loro contributo è colorata tutta la città.

 L'aspetto del downtown è caratteristico, con le sponde del San Antonio river che pullulano di localini dove si mangia, si beve e si suona dal vivo. Tali sponde in primavera/estate pullulano anche di mandrie di scarfaggi. E se uso il termine "mandrie" è per dare un'idea della dimensione degli scarrafoni... Nonostante gli insettacci, i "Sanantoniesi" sono convinti che la loro città sia la Venezia degli States... (shhh, sarebbe inutile dire che sono in errore, sono troppo razionali e lievemente tonti per capire dove sia la differenza tra un fiume con le sponde abitate e Venezia)

Ci sono due cose che a San Antonio hanno perso la loro identità primigenia: la lingua e la cucina.
Entrambe hanno lo stesso nome: Tex Mex.
Sul dialetto, incomprensibile come solo un mix di termini spagnoli e inglesi (pronunciati alla texana) può essere, eviterei qualsiasi tipo di commento: nessuno sarebbe in grado di descriverlo.
La cucina TexMex è deliziosa, riunisce il meglio delle tradizioni messicane con quelle care agli americani. Vivere questo modo di cucinare è un po' diverso (in meglio) che leggerne: la verità è che i caposaldi della cucina Mex, peperoncini, mais, riso, fagioli e uova qui si arricchiscono di carne (e che carne!), dolcetti e biscotti Tex  mentre le spezie e gli aromi Mex invadono a loro volta i punti di forza della cucina Tex in un connubio dolce e piccante.

La comida de San Antonio mi è rimasta nel cuore, tanto està rica... e come non essere tentata dal rimetterla in campo, visto che è sostanzialmente a base di mais e riso, povera di cereali pericolosi (facilmente aggirabili), gustosa, colorata e un po' diversa dal solito?
Quindi, con la dovuta devozione ed attenzione ho iniziato a riordinare le idee. In tutti questi anni ho sì cucinato texmex ma sporadicamente, per via della difficile reperibilità delle spezie giuste.
Nel mio periodo a San Antonio lavoravo in un laboratorio molto internazionale, dove tutti erano delle ottime forchette ma nessuno sapeva cucinare. La maggior parte degli ospiti veniva dalla Spagna, poi c'era un messicano, un coreano, qualche cinese e due brasiliane. Diciamo che tra latini abbiamo fatto subito comunella. E spesso il sabato Tina (la moglie del prof Messicano) e la sua mama ci invitavano a cena.
"Cena" non è la parola adatta. A casa di Tina e Genaro si cenava verso le cinque e mezza del pomeriggio. Le loro abitudini erano: ricco breakfast mattutino, uno snack a base di nachos o altri  stuzzichini alle 12:30 e a tavola una volta a casa, di ritorno dal lavoro.
Si iniziava con un pico de gallo, piccoli pezzi di tortilla fritti da intingere in una specie di insalata di pomodoro piccante tagliata a pezzi piccolissimi tanto da sembrare una salsa e si andava avanti con tacos ripieni di carnitas, di verdure e conditi con le tipiche salse dal nome ispanico ma dal gusto 'mmericano: guacamole dip e cream de queso (saranno state pure trash food ma erano spazialmente buone). Carne alla griglia, oppure, nei giorni di festa, mole.
Poco dolce, molto tequila.
Per cominciare ad addentrarci nel TexMex c'è bisogno di partire dal cuore.


E in questo caso il cuore della cucina TexMex è avvolto in un sottile disco di farina di mais, la tortilla.
La tortilla somiglia ad una piadina (di quelle originali ho un ricordo lontano, ben più antico di 17 anni) , che può essere fatta di maiz, di grano (harina blanca) e mista. Con il termine tortilla si indica anche la frittata.
I messicani prediligono la tortilla di mais integrale (o mista, a seconda della regione), i 'mmericani con poco sangue Mex la amano mista a farina di grano o blanca.
A noi che rifuggiamo il glutine piace pensarla come i messicani più puri.
La tortilla è una specie di jolly, un'entità trasformabile di volta in volta in tacos, nachos, echiladas, gorditas, fajitas, chiminangas,  burritos e quesadillas 

Tina e sua madre compravano spessissimo tortillas già fatte ma altrettanto spesso le confezionavano da sole. Avevano una pressa di alluminio (tipo quella per le cialde)  e con un paio di movimenti producevano dischi perfetti. Tina mi diceva sempre che il segreto della tortilla è la farina, che non è una farina di mais come le altre. La masa harina, quella adatta alle tortillas, ha subito un processo di cottura particolare. Lei sosteneva che lì, in Texas non aveva mai trovato quella fresca e si accontentava di quella commerciale.
Qui in Italia so che si trova abbastanza facilmente la farina Maseca. Per me la Masa più comune da trovare in negozio è quella P.A.N, che ho utilizzato con successo in tempi glutinosi. 
Purtroppo non è glutinopriva e per noi del club non va bene. Così ho provato la farina per pane di mais della Loconte, facilissima da trovare al super (per me), garantita senza glutine e adatta per fare le arepas (roba panosa argentina)
La ricetta per fare le tortillas è facilissima:
  • 2 tazze di masa harina
  • 1 bicchiere e mezzo di acqua tiepida
  • 1/2 cucchiaino di sale
  • 1 cucchiaino d'olio d'oliva.


Il cucchiaino di olio di oliva è una mia idea, la sensazione che mi da' è quella di elasticizzare la palla di farina. 
La masa va impastata aggiungendo poca acqua per volta. Per noi che viviamo deglutinevolissimevolmente sarà uno scherzetto: questa farina è davvero "facile", per chi invece non ha dimestichezza con le altre farine, bisogna lavorarla fino ad avere la sensazione di avere tra le mani una palla di plastilina.
La masa si compatta benissimo e rimane piacevolmente ruvida. Mentre impastiamo aggiungiamo il sale e il filo d'olio. Avvolgiamola nella pellicola e mettiamola a riposare, minimo un quarto d'ora, meglio un'oretta (più riposa meglio è, basta che si mantenga umida, secca facilmente)
Dividiamo ora la pasta in tante palline, diciamo della dimensione di un uovo piccolo.
Ovviamente non ho la pressa per le tortillas e mi sono ingegnata ad appiattire le palline a mano e a spianarle tra due fogli di carta forno, con il mattarello. Il disco deve essere di una ventina di cm di diametro. Se si azzecca ai fogli di carta forno, aggiungere farina all'impasto. Se i bordi del disco si rompono facilmente, aggiungere un goccio d'acqua. Per farle carine e regolari, metto un bel piatto sulla tortilla distesa e taglio i bordi in modo regolare.

Ho visto che molti usano distenderle tra due sacchetti per la congelazione e le pressano con l'aiuto di una pirofila (proverò così la prossima volta che le faccio)

Ovviamente non ho nemmeno un comal, la piastra di ghisa che serve a cuocerle. Basta una padella antiaderente ed il risultato è raggiunto.  Bisogna riscaldare la padella per benino, adagiarvi la tortilla e attendere una quindicina di secondi, girarla e farla cuocere sull'altro lato per pochi secondi, girarla ancora e così via. In totale deve permanere sul fuoco un paio di minuti. Una tortilla che si abboffa è una buona tortilla!
Ora uno dei miei divertimenti principali è quello di girarle con un movimento "da grande chef", lanciandole per aria e facendole riatterrare nella padella. Giuro, con le tortillas è facilissimo!!!

Quando l'altro sabato le ho preparate, mentre mi esibivo in questa prodezza il manico della padella si è fatto in due parti. Ho lanciato in aria non solo la tortilla, ma anche il corpo arroventato della padella, a rischio di farmi davvero molto male
Per fortuna siamo usciti tutti indenni da questo piccolo incidente: io, gatti, fornelli, anacoreta e ... tortillas!
Io, che sono irrazionalmente e napoletanamente superstiziosa, penso che ci sia qualcuno con l'occhio secco che mi lancia strali di sfiga

La tortilla è cotta quando porta qualche sbruciacchiatura ma è ancora morbida. A me piace un pochino arruscata, l'importante è che non sia biscottata. 
A questo punto bisogna levarla dalla padella/comal e conservarla... qui entra in gioco un altro accessorio necessario e indispensabile : el tortillero!

Tina ne aveva uno tipo quello chiaro, dentro vi adagiava un tovagliolo bagnato in acqua bollente e ben strizzato, sopra vi metteva un altro tovagliolo asciutto.
Le tortillas si consumano calde. Quando sono calde sono piegabili e maneggevoli, quando si raffreddano lo sono molto di meno. Non so se il trucco del tovagliolo sia diffuso o meno però funziona.
Tina scaldava o cuoceva le sue tortillas sul comal e poi infilava tutto nel tortillero caldo e portava a tavola. Io, che al momento non ho ancora trovato una soluzione simpatica per ovviare alla mancanza del tortillero, le avvolgo nel fazzolettone bagnato e strizzato. Attenzione, perchè con troppa umidità o a contatto con l'acqua la tortilla diventa limacciosa, se lasciata all'aria diventa rigida come un freesbee...



A casa di Tina, noi commensali sfilavamo una tortilla dal cesto, la adagiavamo nel piatto e la riempivamo con tutte le salsine buone messe a disposizione al centro del tavolo. Si arrotola la tortilla come una crepe ed essa, magicamente, cambia nome e diventa un taco! El taco si mangia con le mani e con abilità per non far schizzare tutto il contenuto fuori dai confini del piatto!



Io, in questo primo approccio ne ho preparate pochissime, per riempirle ho usato una banalissima insalata di patate e pomodori con cipolla cruda tagliata a fettine sottilissime e polvere di peperoncino di cayenna... e un pochino di panna acida (un po' troppo acida stavolta) giusto per avere quella sensazione di texmessicanità...

Non so come l'anacoreta si ponga con queste mie velleità d'oltreoceano (l'anacoreta legge quello che scrivo ma non ama commentare)  ma intenderei perseverare. La strada è lunga:

  • due avocados sono a maturare nel frigo
  • devo andare a caccia di peperoncini adatti
  • devo individuare chi ha piantato il suo occhio secco sulla mia cucina.
A proposito, su facebook ho anche lanciato un appello ai miei amici: "Non mi secciate, vi invito a cena", ma nessuno si è fatto avanti!!!!
Allora sono passata al contrattacco, al mercato ho trovato una specie di comal e me lo sono comprato.
Tié!!!!!
E se qualcuno prova ancora a gufarmi i piatti... glielo suono in testa!

Invece qualcuno ha segnalato  Deglutinevolissimevolmente alla Shar! 
E stato un pensiero carino e anche la motivazione mi piace tantissimo. Grazie, anonimo segnalatore! 

E i villi?
Cosa ne pensano i villi delle tortillas?
 Avrebbero voluto esprimere il loro pensiero ma, essendosi spostati di fuso orario, hanno perso la sincronia con la pubblicazione del post. E poi, quando ho finito di scrivere, si erano abbandonati senza ritegno alla siesta pomeridiana...
Olé!

Fonte: Cucinare TexMex, Georgina Adams

Piccolo dizionario napoletano italiano:
Scarrafone: scarafaggio
fare comunella:  fare velocemente amicizia prestandosi anche oggetti e facendosi confidenze strette
occhio secco: il portatore di occhio secco è uno jettatore, lì dove si poggia lo sguardo dell'occhio secco, avverrà un incidente
Secciare: lanciare il malaugurio su qualcuno o qualcosa, anche involontariamente.











6 commenti:

  1. Mannaggia a te Gaia, una ne pensi e 100 ne fai! Tortillas mhmmmm, come le gradirei.
    Quanto al sito schar, non potevi non esserci! Non sono io l'anonimo segnalatore ma una delle anonime votatrici, sì!! ;P
    Ellen

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    1. Ma grazie!!!
      Me ne sono accorta un paio di settimane fa, sto imparando ad esaminare il traffico in entrata (ma non è che ci capisco molto) e così ho notato queste visite provenienti dal sito della shar che manco conoscevo...
      Anche io, poi, mi sono iscritta e ho anonimamente distribuito due-tre voti.... ;))))

      Tacos &C. sono la mia passione, vorrei proseguire con il filone texmex ma gli avocados non vogliono proprio giungere a maturazione!!!

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  2. Sai non ho mai provato a farle, ed è un peccato, guarda che belle sono le tue, da provare... ma prima devo trovare la masa harina. :) Bacione.

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  3. Mi sono goduta di tutto cuore questo viaggio...io sono stata pochi mesi in California e in un posto dove comunque c'erano tanti messicani e per fortuna ho assaggiato tacos, quesadilla, guacamole e me ne sono innamorata! Proverò a cercare la farina della LoConte e poi seguo la tua ricetta e via di tortillas! Buona serata ♥

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    1. Durante il mio soggiorno texano non ho avuto modo di allontanarmi molto dal posto in cui mi trovavo, la California (come New Orleans e le belle città del Nord) sono rimaste un sogno, rimandato al viaggio successivo che... non è mai avvenuto!
      Come diveco anche più sopra ad Ellen, appena l'avocado diventa maturo (ma quante settimane ci vogliono??? O.O ) mi cimento nel guacamole di Tina!
      Un bacione!

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  4. Gas or green energy stove top boiling hot may be identified by most professional
    at home cooks like preferable means by which to make meals while having stovetop for much more moreover together
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